Sottili satelliti nell’universo proustiano

Sottili satelliti nell’universo proustiano
Librit editore, Ferrara, 1994
poi in www.marcelproust.it/note/pagani.htm

Di cosa parla il libro
Non è detto che la porta di accesso principale sia sempre la migliore entrata di una cattedrale. Ce ne possono essere di secondarie ed apparentemente accessorie, che però ci danno una prospettiva inedita e non meno significativa di quel monumento.
Allo stesso modo, si può entrare nella cattedrale di un’opera letteraria, non solo dalla porta di accesso principale, ossia soffermandosi sui temi principali, dichiaratamente affrontati dall’autore, ma anche da una porta laterale, ossia facendo attenzione alle allusioni, ai giochi di parole, ai sottili riferimenti che lo scrittore dissemina nel corso del suo libro.
Questo saggio su Marcel Proust indaga alcuni aspetti della Recherche servendosi appunto di questo metodo di lavoro, cioè analizzando ciò che l’autore lascia in sospeso, ciò a cui allude, più che ciò che espressamente dice.
Per la precisione, il saggio esplora le tecniche letterarie di cui Proust fa uso basandosi su due metafore: quella proustiana, famosissima, della cattedrale, e sulla metafora, da lui proposta, della Recherche come “costellazione” composta , certo, da imponenti ed autonomi pianeti ma anche di più minuti e dipendenti satelliti.
La metafora della cattedrale rappresenta per Proust l’idea dell’opera d’arte come architettonica elaborazione dell’intelligenza e, facendo tesoro della lettera scritta da Proust a Jacques Rivière nella quale vengono ammessi i caratteri di una struttura che procede per tappe fuorvianti, viene, nel saggio, focalizzata l’attenzione sui due momenti epifanici: il momento dell’intermittenza e quello della ragionata elaborazione di tecniche strutturali.
Analizzando dunque le intercapedini strutturali della cattedrale si scoprono traiettorie e percorsi a distanza nell’intera costellazione della Recherche: ad esempio, il famoso episodio della madeleine, che per certi aspetti resta in sospeso, trova il suo approfondito completamento in alcune pagine dell’ultimo volume.
Per mettere in luce queste corrispondenze non si può che partire dal primo dei sette volumi, in cui si trovano tutti gli elementi che ritroveremo migliaia di pagine dopo; che all’inizio della Recherche hanno la funzione quasi da “paravento” della verità ed il cui vero senso verrà disvelato soltanto alla fine. E infatti l’uso del termine “paravanto” e il senso strutturale e culturale che esso comporta viene usato dalla stesso Proust in una lettera del 7 febbraio 1914 a Jacques Rivière.
Tra questi, ad esempio, l’episodio della profanazione dell’immagine del padre da parte della figlia di Vinteuil e la apparente incomunicabilità e distanza delle due “parti”, quella di Swann (Tansonville) e quella di Guermantes. Si tratta di un percorso di conoscenza però che non è in alcun senso lineare, che non solo procede per successivi tentativi ed errori ma che, una volta giunto alle pagine finali, manifesta la caratteristica più singolare, e cioè quella della “circolarità” dell’opera.
La Recherche come viaggio dantesco nell’interiorità i cui sette volumi (e non a caso il numero “sette” riveste profondi valori simbolici di tipo culturale e religioso) costituiscono il tormentato lavoro verso la ricerca della Verità.

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