Osterie a Imola

Le Osterie a Imola

Recensione di Andrea Pagani al saggio di Venerio Montevecchi, Osterie d’Imola. Fatti e misfatti, osti, ostesse e bevitori fra Ottocento e Novecento, Imola, Bacchilega, 2003, pp. 178, euro 16.00.

Apparsa in “Piè”, n. 1, anno 2004, ed. Mandragora, Imola

Sono passati tre secoli da quando Ludovico Antonio Muratori, storico dalla mente brillante e dalle intuizioni geniali, ci consegnò un metodo storiografico lungimirante e moderno e ci diede alcuni preziosi consigli sul mestiere dello storico, eppure la sua sembra un’eredità che non semina un gran numero di seguaci. Stiamo parlando di un libro come Atiquitates Italiace Medii Aevii, dove Muratori non si limita a ricostruire la storia d’Italia dal V al XV secolo, basandosi semplicemente sui documenti ufficiali (atti notarili, dichiarazioni di guerra, bolle papali, ecc.), insomma su ciò che la storia tramanda “dall’alto”, secondo una superficie solenne e cattedratica, ma non sempre conforme alla realtà. Muratori va oltre: prende in mano le cronache e disegna un affresco coloratissimo, vivo, sanguigno del passato, fatto di consuetudini, costumi, abitudini, giochi, folclore, aneddoti, tradizioni casalinghe, modi di vita. In altre parole, ci presenta un quadro “dal basso” della storia, così come la gente comune l’ha vissuta e tramandata: una storia che corre il rischio di essere dimenticata, sepolta, cancellata, se non ci fosse qualcuno – dallo spirito moderno e curioso – che va a grattare sotto la polvere dei documenti ufficiali, che scova sotto le ragnatele del tempo perduto, che non si accontenta della voce dei potenti e corre dietro, invece, al sussurro e alla solitudine della gente comune. Ecco: questo è il magistero che trecento anni fa Muratori ci ha consegnato.

E non troppo diversamente è questo il metodo (non necessariamente “storico” nel senso scientifico della parola) che Venerio Montevecchi ha adottato per mettere in piedi un libro curiosissimo, nel duplice senso della parola: suscita curiosità nel lettore, ma è anche dotato d’una strana tensione di ricerca, d’una bizzarra energia investigativa (non dimentichiamoci che per i padri della nostra lingua, i latini, curiositas rappresentava una virtù, ossia l’ansia di scoprire e conoscere). Il volume, pubblicato dall’editore Bacchilega di Imola e intitolato Osterie d’Imola. Fatti e misfatti, osti, ostesse e bevitori fra Ottocento e Novecento, è un lavoro di ricerca, fra l’aneddotica e la cronaca locale, che cominciò una ventina d’anni fa sulle pagine del settimanale imolese “Sabato Sera”. Usciva a quei tempi, ad opera di Fabrizio Tampieri e Venerio Montevecchi, una rubrica che si chiamava Tante foto, tante storie (poi diventata Foto & Storie), il cui intento era di conservare memoria di fatti quotidiani, di vicende comuni, di folclori locali attraverso la riproduzione di fotografie storiche e la relativa narrazione, il tutto grazie ad un rapporto di intensa collaborazione fra redattori e lettori, ad una fitta rete di contatti con la realtà di Imola e dintorni.

Dopo due decenni ed oltre tremila immagini pervenute alla redazione del periodico imolese è maturata l’idea di raccogliere in modo organico questo prezioso materiale, individuando una traccia comune, un filo conduttore, selezionando cioè quelle fotografie e quelle storie che ruotassero attorno alle osterie. Questi locali rappresentano infatti da sempre uno snodo nevralgico di incontri e aneddoti, uno spartiacque di incontri, consuetudini, usi e costumi. In qualche modo, l’osteria è lo specchio emblematico della vita di un’epoca (la vita vera, non quella tramandata dagli atti ufficiali dei potenti): un intreccio di esperienze, di evoluzioni, di vicende personali e collettive.

Ecco perché raccontare, come fa questo volume, di osti e ostesse, di bevitori, di personaggi stravaganti che frequentavano le osterie, di piatti tipici, di antiche tradizioni e abitudini locali, vuol dire parlare anche e soprattutto di una precisa identità culturale e sociale. L’identità di un uomo è infatti data in larga misura dai luoghi in cui è cresciuto, dagli ambienti e dai costumi che hanno accompagnato la sua formazione. L’intento del libro di Montevecchi è proprio questo: restituire il profumo del passato, attraverso il filtro del luogo che per eccellenza ne costituisce l’essenza, non solo grazie ad un panorama storico “ufficiale” delle osterie italiane ed imolesi, ma soprattutto grazie alla sensibilità della gente che le ha frequentate.

Permettere ai più anziani di ricordare con un pizzico di nostalgia, ai più giovani di non dimenticare e magari di rintracciare un profilo segreto di sé: è questa la magia che la storia inesauribilmente ci riserva.