Cogne Imola

Cogne Imola – Storia di un movimento operaio
Bacchilega editore, Imola, 1998 (www.bacchilegaeditore.it)

Di cosa parla il libro
Come sarebbe oggi la città di Imola senza la Cogne? Quale fisionomia economica e sociale avrebbe assunto il territorio imolese senza la nascita di quella fabbrica meccanica? Certo non è possibile rispondere a queste domande. Ma una cosa è certa: la rete di rapporti umani e lavorativi che si è intrecciata all’interno della fabbrica siderurgica Cogne di Imola, dal 1938 agli anni Novanta, ha dato un’impronta decisiva all’industria e alla cultura di tutto il territorio. In un certo modo, quindi, la storia di questa singolare fabbrica locale è lo specchio della società imolese e, per molti aspetti, è lo specchio anche di ciò che ha caratterizzato l’Italia nel secondo cinquantennio del XX secolo.
Questo libro cerca di riannodare i fili di questa storia, partendo dalla esperienza personale dei protagonisti. Non a caso il libro si divide in due parti: nella prima parte vengono ricostruite le tappe principali dell’evoluzione della fabbrica, da quando sorse come fabbrica bellica durante il fascismo agli anni della riconversione in industria tessile, con particolare attenzione per il periodo del secondo dopoguerra e gli anni Cinquanta; nella seconda parte, vengono riportate le testimonianze dei protagonisti, gli operai che lavorarono nella fabbrica e che quindi ripropongono un affresco vivo e colorato del passato.
In definitiva, questo libro non intende raccontare la storia della produzione e delle scelte imprenditoriali della fabbrica, ma piuttosto la storia sociale ed umana, appunto la storia del movimento operaio, che si intreccia con la vita delle persone e con usi e costumi di un tempo. Insomma, riabilita un’idea di storia “dal basso”, cioè una storia condotta non dai grandi eventi e dai grandi personaggi, ma dalla gente comune.

Dalla fabbrica d’armi all’epurazione “bianca”

Storia di un’azienda che ha formato

l’identità socio-economica del territorio imolese

Articolo uscito su

“Il nuovo Diario Messaggero”,

17 ottobre 2019

di

Andrea Pagani

Come sarebbe oggi Imola senza la Cogne? Quale aspetto economico e sociale avrebbe assunto il territorio imolese senza la nascita di questa fabbrica? Cos’hanno significato la formazione meccanica degli operai, le lotte operaie, la crescita professionale dei lavoratori Cogne per la civiltà imolese?

Ovviamente, non è possibile rispondere a queste domande, ma quel che è certo è che riannodare le fila della storia della Cogne, anche solo per linee generali, consente un duplice affascinante percorso: da un lato, di ricostruire e forse anche di comprendere il tessuto sociale dell’intero territorio; dall’altro lato, di richiamare le tappe principali della più complessiva storia italiana, dall’età del fascismo all’alba del nuovo millennio.

Basterebbero solo pochi episodi indiziari, alcuni grappoli emblematici, a metterci sulla giusta pista e dimostrare che l’esperienza di chi si è mosso attorno alla fabbrica Cogne ha inciso in profondità sul destino della città.

Con ogni probabilità, quando nel 1938, in previsione della guerra imminente, la Società Nazionale Cogne (così chiamata in riferimento alla località dove si estraeva il metallo), con direzione a Torino, assegna ad Imola il ruolo di impiantare una fabbrica d’armi, si pongono le basi della futura risorsa industriale che caratterizzerà Imola negli anni a venire. Nel giro di pochi mesi vennero realizzati i nuovi impianti, dietro la stazione ferroviaria: le officine per il “piccolo calibro 1” e il “piccolo calibro 2”, dove verranno prodotti proiettili perforanti da 20, 47, 75 mm, masse oscillanti per cannone anticarro da 47mm, proiettili da 152 mm per la marina, blocchi di culatte da 75-34 per l’Ansaldo.

Si tratta di un poderoso complesso meccanico, con impianti modernissimi, capace di creare occupazione e in grado di dare un importante impulso industriale alla città.

Siamo di fronte, in altre parole, ad un processo di vera e propria “proletarizzazione urbana”, nel senso che Imola conosce una concentrazione operaia di grande portata, tanto da diventare ben presto proverbiale la figura del dipendente Cogne (gli operai con la tuta blu e gli impiegati con la tuta bianca).

Il gioco speculare di parallelismi fra storia italiana e storia imolese, attraverso l’esperienza Cogne, può utilmente continuare se volgiamo uno sguardo agli anni successivi, cioè agli anni della spaccatura dell’Italia dopo l’armistizio del 1943, quando anche all’interno della fabbrica imolese si determina una frattura fra gli operai che non si opposero all’autorità nazi-fascista e quelli che misero in crisi la produzione bellica della fabbrica, non accettando l’idea che le armi realizzate andassero a rafforzare gli eserciti tedeschi, ed avviando così una collaborazione con il CLN, organizzando il boicottaggio dell’attività lavorativa, assenteismi e scioperi.

L’opera di protesta degli operai Cogne fu così efficace che obbligherà addirittura la direzione tedesca al progressivo smantellamento della fabbrica, ad imballare le macchine e a spedirle in Germania o ad Aosta, fino al momento della definitiva chiusura della produzione durante i bombardamenti del maggio e luglio 1944, quando venne distrutta tutta l’apparecchiatura elettrica della cabina di trasformazione.

Si apre così il capitolo non meno significativo della ricostruzione post bellica e della conversione degli impianti da fabbrica militare ad azienda tessile: all’alba del 1946,  non solo i lavoratori formano squadre di recupero volontario, senza garanzia di salario, ma anche l’intera cittadinanza imolese partecipa alla ricostruzione della fabbrica, comprendendo che si tratta di una fondamentale risorsa economica per il territorio.

È in questo periodo, fra il 1946 e il 1947, che si va delineando lo specialistico campo produttivo della Cogne, che la caratterizzerà nel futuro, ossia la produzione di fusi per la filatura: insomma, macchine tessili.

Si vive una stagione di grande slancio produttivo e progettuale.

Chi furono gli artefici di questa vincente scelta produttiva, ossia di avviare la produzione di macchine tessili? Chi permise ad una fabbrica rasa al suolo dai bombardamenti di raggiungere un così alto livello di specializzazione?

Di fatto l’azienda negli anni successivi alla guerra viene riorganizzata da uno storico gruppo di tecnici assai efficienti che, grazie al consenso e alla partecipazione delle maestranze, riesce a far resuscitare la produzione, ponendola negli anni successivi in una condizione di leadership a livello internazionale nella produzione meccanico-tessile (ricordiamo a capo dei questo gruppo dirigente Carlo Nicoli, il direttore dello stabilimento, fra i principali artefici dello sviluppo).

Gli anni Cinquanta rappresentano una fase piuttosto turbolenta della storia della Cogne, a causa delle scelte della direzione generale di Torino che avvia sulla Cogne Imola una importante ondata di licenziamenti o di trasferimenti, fra cui, ad esempio, il trasferimento di Nicoli a Milano, il licenziamento di Guido Albertazzi, capo del collaudo e presidente del Consiglio di Gestione Cogne, fino ad arrivare al licenziamento di 19 impiegati (30 marzo 1952) e di ben 162 lavoratori (7 ottobre 1953), secondo la teoria, accampata della direzione generale, della cosiddetta “tesi bianca o della immunizzazione della Cogne”, poiché la grande di lavoratori proveniva dal mondo partigiano e comunista, e quindi si tentava di debellare in tal modo un polo di concentrazione politica, “epurando il virus comunista”.

Ovviamente questa ondata di “epurazione bianca” determina un vasto movimento di protesta, di scioperi, picchetti, manifestazioni di piazza, che vede come protagonisti delle contestazioni non solo le maestranze Cogne (operai ed impiegati assieme), ma l’intero tessuto sociale di Imola e che, peraltro, caratterizza anche i successivi anni Sessanta, in relazione, in questo caso, a precise richieste di condizioni contrattuali (come ad esempio la vertenza del 28 agosto 1968, strutturata in 11 punti, fra cui la parità salariale fra uomini e donne, la regolamentazione dell’orario di lavoro, l’esame degli ambienti di lavoro con rivalutazione dell’indennità per lavori disagiati: richieste assai lungimiranti ed innovative nel panorama italiano ed internazionale).
Alla luce di queste lotte sindacali e della maturazione di una importante classe di lavoratori professionisti, gli anni Settanta ed Ottanta sono quelli di un significativo decollo economico, in margine alla progressiva autonomia produttiva dell’azienda imolese rispetto alla direzione di Aosta, e l’entrata nel gruppo Egam (Ente di Stato per la gestione delle aziende minerarie e metallurgiche), il che aiuta la Cogne a diventare uno dei gruppi industriali più importanti nel campo della produzioni di macchine tessili, ottenendo poderose commesse di lavoro internazionale.

In particolare la fiera internazionale di Parigi del 1971 rappresenta per l’azienda (che è diventata Cognetex) il momento dell’affermazione in ambito mondiale, poiché in quella occasione la società imolese presenta una gamma rinnovata di prodotti a livello internazionale, il che comporta un aumento progressivo delle assunzioni fino ad arrivare al tetto massimo del 1974 di quasi 1000 operai.

Non c’è dubbio che le vicissitudini che caratterizzarono la storia della Cogne, e che abbiamo ricostruito solo nelle linee generali, ebbero una determinante influenza sulla realtà territoriale, a livello economico e sociale, poiché si può facilmente dimostrare che la fisionomia così dinamica, stratificata, intraprendente delle produttività di Imola, città industriale, città delle cooperative, è dovuta in gran parte alla massa di lavoratori che si formarono all’interno della Cogne, molti dei quali approdarono o addirittura fondarono dagli anni Cinquanta in poi altre aziende meccaniche del territorio.

In tal senso si potrebbe dire che la Cogne fu un prezioso serbatoio e fucina formativa di professionalità, di manodopera specializzata, che diede il fermento principale alla ricchezza del territorio.

ARTICOLO USCITO SU

NUOVO DIARIO MESSAGGERO – 25 MARZO 2021 – Cosa sarebbe Imola senza la Cogne

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