La colpa oscura

Copertina

La colpa oscura


Ed. Mobydick, Faenza, 1999 (www.mobydickeditore.it)
Prefazione di Carlo Lucarelli (www.carlolucarelli.net)

La storia
Provate ad immaginare uno scrittore, di notte, in preda all’angoscia: sta scrivendo un libro e non è capace di trovare il finale. Il colpo di scena che porterà alla scoperta del colpevole, alla rivelazione decisiva, allo scioglimento dell’enigma. Lo scrittore si tormenta invano. Niente da fare. Il suo giallo non sfocia in un epilogo. Non gli resta che mettere da parte i fogli e pensare ad altro. Così, fra il fastidio e la rassegnazione, esce di casa, s’immerge nella notte, una notte che è fredda e nebbiosa, carica di mistero. Ed è proprio nei vicoli bui della città che lo scrittore farà l’incontro risolutivo: si imbatte in una donna, con la quale avrà una lunga complicata conversazione, che durerà tutta la notte e che lo sorprenderà, all’alba, profondamente rinnovato. Quella donna, infatti, custodisce un segreto. Un segreto che riguarda molto da vicino lo scrittore e che affonda nel passato, nelle radici sepolte della memoria, in una colpa che tutti avevano dimenticato. Così, nel corso di una notte, ma in un viaggio nel tempo e nello spazio, dall’infanzia all’Irlanda, la vita dello scrittore sarà scossa e definitivamente trasformata. Il nostro protagonista non solo troverà il finale del suo libro, ma scoprirà che la storia che stava scrivendo lo riguarda così da vicino da essere la sua stessa storia, il suo stesso epilogo.

Prefazione di

Carlo Lucarelli
Ci sono due modi per raccontare un mistero.
Uno è tuffarcisi dentro, lasciarsi travolgere e trasportare annaspando per restare a galla fino alla fine, come nuotando controcorrente. L’altro è entrarci piano piano, lasciarsi circondare, respirarlo, farsene impregnare i vestiti e poi camminarci attraverso con le mani avanti, senza sapere dove andare, come in mezzo alla nebbia.
La Colpa oscura fa così. Inizia con il gracchiare di un pennino sulla carta, come idealmente iniziano tutte le storie che vengono scritte (anche quelle scritte col computer) e dove ti porta lo sai solo alla fine. Da qualche parte, attraverso una nebbia sempre più fitta, angosciante e misteriosa.
Naturalmente, per raccontare le cose in questo modo ci vuole lo stile giusto. Quello della Colpa oscura è lo stile un po’ antico di certi romanzi gotici, riflessivo ed elegante, carico di risonanze pacate ma incombenti, come la foschia bassa di una notte di fantasmi, introverso e raffinato ma allo stesso tempo efficace e imprevedibile. Un po’ Henry James, un po’ Edgar Allan Poe e un po’ Buzzati. È lo stile giusto.
Viene da leggerlo con una voce che arriva da dietro la nuca, una voce che racconta, morbida e bassa, ma anche inquieta. Sembra di essere davanti ad un camino, tardi, al fondo della notte, ad ascoltare una storia di fantasmi.
Con un leggero turbamento, quella notte, mi ingegnavo di trovare un finale per il mio racconto…

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