Un gruppo di intellettuali, sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, in Germania, formulò una teoria che ribaltava l’idea della centralità del testo e metteva in primo piano la ricezione da parte del pubblico del testo stesso.
Nacque così, grazie alla Scuola di Costanza, la cosiddetta “teoria della ricezione”, che oltre ad aprire la letteratura – ma molto più complessivamente l’arte – a plurime altre esperienze sociali e filosofiche, pose una centrale riflessione attorno al fatto che il senso, la complessità, la ricchezza di un’opera artistica fossero dati non solo da un Autore, ma anche dai fruitori di quell’opera: cade, in altre parole, la sovrana autorità e “proprietà” dell’Autore sul testo e si restituisce una sorta di vita autonoma all’arte, che si forma, nasce, si ramifica, germoglia, cresce grazie ai Lettori, agli spettatori, agli auditori che “ricevono” in luoghi e momenti diversi il fluido di quell’opera.
Ecco perché per ogni autore – narratore, regista, saggista, musicista, pittore – risulta fondamentale l’incontro coi propri lettori, spettatori, uditori: perché grazie a loro si rivelano zone inesplorate, sconosciute all’autore stesso, della propria creazione artistica.