NARRATORI DELLE PIANURE

Dove la realtà si unisce alla magia

Narratori delle pianure

Una rassegna letteraria in memoria di Gianni Celati

Ci sono libri che segnano una svolta nella storia della letteratura, che aprono varchi, definiscono un confine, presentano orizzonti inaspettati, nuove strade da percorrere, esperienze inconsuete da visitare.

Senza dubbio il 1985 e il libro Narratori delle pianure di Gianni Celati definiscono, per la storia della letteratura italiana, una zona di frontiera, una vera e propria pietra miliare imprescindibile.

Al centro di questa sorprendente raccolta di trenta racconti è il mondo domestico e confidenziale, genuino e familiare, semplice e persino anonimo, della civiltà della pianura, popolana e contadina, con le sue minute occasioni del quotidiano, che pur non avendo nulla in apparenza di eroico e esemplare, di memorabile, diventa poema scultoreo, quasi icastico, proprio perché mette in scena – e recupera – quella narrativa orale a metà strada fra dicerie e storie intorno al focolare, con «un impianto stilistico vicino alla lingua colloquiale con scelte come la sostituzione del tempo narrativo zero, il passato remoto, col passato prossimo predominante nella parlata settentrionale» (Scevola), o talvolta con ripetizioni, imprecisioni, espressioni gergali tipiche della pianura padana, in una geografia ben definita, fra Gallarate, Piacenza, Ostiglia, Ca’ Venier, Sermide, il Po, i suoi affluenti e i rami del suo delta, ma che, allo stesso tempo, grazie ad una scrittura surreale e bizzarra, ironica e divertente, fantastica e immaginifica, talvolta addirittura grottesca, s’eleva ad una dimensione metafisica.

Quale decisivo lascito ha consegnato questo libro, che Italo Calvino, non a caso, presentò come «il libro che ha al suo centro la rappresentazione del mondo visibile, e più ancora un’accettazione interiore del paesaggio quotidiano in ciò che meno sembrerebbe stimolare l’immaginazione», quindi la capacità di Celati di tradurre quelle esistenze private in valori e proporzioni universali, chiavi di riflessioni sull’umanità, crocevia di idee assolute, destinate a rimanere nel tempo?

A quarant’anni dall’uscita di quel libro ci siamo interrogati sulla questione e, senza aver l’ambizione di elargire risposte definitive, abbiamo cercato sommessamente di offrire alcuni noccioli d’ispirazione, in una rassegna letteraria, targata Fondazione Cassa di Risparmio Imola e Ippogrifo, nell’elegante cornice della Galleria della Fondazione.

Abbiamo, cioè, messo attorno ad un tavolo romanzieri, poeti e docenti universitari di fama internazionale, che hanno conosciuto Celati, che hanno praticato il suo magistero e che, in qualche modo, hanno accolto e rielaborato in forme personali quella prestigiosa eredità.

Dopo una prolusione del professor Gian Mario Anselmi, che farà da guida per orientarci nell’universo critico e narrativo di Celati, sarà la volta della detection di Grazia Verasani, che in una tinta nera e gotica entra nel vissuto della quarantenne investigatrice, Giorgia, impegnata in piccole indagini e squallidi tradimenti, e quindi nel suo malinconico quotidiano tra lavoro e serate solitarie al bar bevendo vino; per poi passare alla grazia ironica e esilarante, grottesca e dissacrante, decisamente canzonatoria ma profonda di Ermanno Cavazzoni, che come i film di Fellini o i migliori poemi cavallereschi rinascimentali è capace di rovesciare la tradizione e di carnevalizzare le seriose inquietudini della cronaca; fino all’introspezione intimistica e struggente di Giampiero Rigosi, che nell’indimenticabile storia d’amicizia fra Sergio e Vitaliano, calata nella Bologna degli anni Settanta, riesce a commuoverci e a consegnarci pagine tenerissime; ed infine alla limpidezza, all’eleganza, alla musicalità delle poesie di Azzurra d’Agostino, che con una lingua semplice ma alta, domestica ma tesa e armonica, con un’aggettivazione scarna e misurata, talvolta anche con l’uso del dialetto, è in grado di entrare in contatto con la concretezza profonda delle cose, con la bellezza della natura, in quella che è stata efficacemente definita una «grammatica degli affetti» (Damiano Sinfonico).

In ognuna di queste esperienze letterarie, di autori che mettono al centro le storie della pianura, si può forse riconoscere la suggestione di Celati, dove i personaggi vivono delle piccole epifanie, sono pellegrini che vagano nel mondo alla ricerca di risposte, dove la realtà si coniuga magicamente al fantastico e al simbolico.